Che cosa ci stiamo a fare qui, se nel 1827 Manzoni, nei Promessi Sposi, aveva descritto così bene la peste di Milano che sembra di vederla ora? Che cosa ci stiamo a fare qui, se nel 1900 Camus ne “La peste”, aveva raccontato così bene la paura dell’epidemia? E che cosa ci stiamo a fare qui se nel ‘300 Boccaccio, nel Decamerone, rappresentava una cosa così banale, ma ancora moderna: che nei momenti di crisi, bisogna continuare a raccontare storie?
Forse non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro e appoggiare la penna o spegnere la tastiera. Ma, seconda del punto di vista di chi la guarda, la situazione dei giorni scorsi potrebbe suscitare reazioni diverse.
Una risata: alla vista della gente imbacuccata tra guanti e mascherine. La desolazione: vedere i supermercati vuoti con le scansie saccheggiate. La paura: pensare che il Coronavirus, incontrollabile e più grande di noi, si sia inserito così in fretta nelle nostre vite. In uno scenario da fine del mondo, Milano si è trasformata nell’avamposto di un film visionario: camionette dell’esercito agli angoli delle strade, uffici vuoti, stazioni della metropolitana deserte, addetti che passavano con il disinfettante come i ghostbusters. Le strade popolate solo dagli omini del take-away. Perfino le auto di passaggio trasudavano la fretta di tornare a casa. Il punto forse non è neanche la paura. Il punto è l’incertezza: per la prima volta ci siamo trovati a fare i conti con qualcosa che non si può prevedere.
E allora, senza stare a leggere le statistiche, senza stare ad ascoltare lo schieramento dei virologi, senza ascoltare troppo i telegiornali che ogni giorno offrono bollettini di guerra, possiamo almeno appellarci alle nostre certezze. Che ci sono e rimangono, anche se spesso ce ne dimentichiamo. Ad esempio: è una quasi totale certezza che a fine febbraio certe giornate sono così azzurre da sembrare lavate con la spugnetta, sarebbe un peccato sprecarle. Ed è una quasi totale certezza che a fine inverno dopo una giornata azzurra ci si potrebbe svegliare sotto la pioggia, prendendo il buono di entrambe: approfittare del caldino per sfoggiare gli occhiali da sole e rinchiudersi in casa con una bella tazza di tè. Ed è una quasi totale certezza che se vuoi evitare i mezzi pubblici, puoi finalmente smetterla di rimandare l’acquisto di una bicicletta nuova. E che se non ti va di andare fuori a cena, è la volta buona che puoi iniziare a cucinare. E che, se non te la senti di andare a fare shopping, puoi fare una lista delle cose che ti servono e andarle a comprare più avanti. E comunque: è una certezza che il coronavirus ha soppiantato tutte le conversazioni da ascensore sul meteo, nessuno dice più: “Queste temperature sono anomale per fine febbraio” ma: “Ho dato due colpi di tosse, se ne do tre, dici che devo restare a casa?”
O ancora, è una quasi totale certezza che nei momenti di difficoltà si diventa grandi. Si dice che la paura si vinca con il coraggio. Ma non ci può essere coraggio senza certezza.
Questa domenica è dedicata a tutti quelli che non hanno rinunciato all’allenamento e sono andati al parco per muoversi un po’. A tutti quelli che guardano le previsioni del tempo per capire come dovranno vestirsi domani anche se sono a casa a fare smartworking. A tutti quelli che, vista la chiusura delle scuole, hanno passato più tempo con i loro figli e i loro cani. E a tutti quelli che, malgrado tutto, hanno ancora delle certezze. E se proprio non riusciamo a trovarne, ci sono sempre loro: Albano e Romina. Dopo mille peripezie, matrimoni, figli e divorzi, nel 2020 fanno ancora le ospitate alle trasmissioni tv: lei col caftano bianco, lui con l’immancabile panama. È una quasi totale certezza, accendere la tv e trovarli a cantare “Felicità”.
Da Ascoltare: Belle&Sebastien – Another Sunny Day